Vivere Meglio: Riflessioni e Strumenti

Come migliorare la propria autostima: 5 strategie efficaci per coltivare il valore personale

Capita a molti di ritrovarsi a pensare: “non sono abbastanza”, “non riesco a farcela”, “non valgo nulla”.

Queste frasi, apparentemente semplici, riflettono un senso di bassa autostima che può influenzare profondamente la qualità della vita personale, relazionale e professionale.

L’autostima non è un tratto fisso o innato, ma un processo dinamico, che si costruisce, si alimenta e si rafforza nel tempo. Ogni giorno, attraverso pensieri, comportamenti e scelte, è possibile rafforzarla oppure indebolirla.

Cos’è l’autostima e perché è così importante?

L’autostima è il modo in cui ciascuno valuta se stesso. Spesso, questa valutazione non è oggettiva, ma condizionata da pensieri e giudizi negativi interiorizzati nel tempo. Spesso queste percezioni si formano a partire da esperienze svalutanti vissute nell’infanzia o nell’adolescenza, o da eventi negativi non elaborati, che hanno sviluppato una percezione distorta di sé, legata più al senso di fallimento che all’apprendimento maturato dalle esperienze.

Possedere una buona autostima non significa semplicemente “sentirsi sicuri”, ma accettarsi, valorizzarsi e rispettarsi, anche quando la vita non procede come previsto.

È la capacità di riconoscere il proprio valore, indipendentemente dai risultati, dagli errori o dai giudizi esterni.

I benefici di una sana autostima

Una buona autostima favorisce:

  • una maggiore fiducia nell’affrontare le difficoltà
  • il riconoscimento del proprio valore personale e potenziale
  • relazioni più sane e consapevoli
  • una vita più equilibrata e soddisfacente

5 Strategie per Migliorare l’Autostima

Il primo passo per migliorare l’autostima consiste nell’osservare come ci si parla mentalmente. Spesso, il tono utilizzato verso se stessi è critico, svalutante o eccessivamente severo.

Un buon esercizio è chiedersi: “Parlerei in questo modo ad un amico?

Diventare consapevoli del proprio linguaggio interno è essenziale per iniziare a trasformarlo.

 

2. Valorizzare le proprie risorse e qualità

Il confronto con gli altri porta spesso a sottovalutarsi. Invece, è utile valorizzare le proprie qualità personali e concentrarsi su ciò che si sa fare bene, sui propri ‘talenti’, cioè ciò che viene facile e bene fare, in modo quasi naturale.

Un semplice esercizio che può aiutare a riconoscere il proprio valore. consiste nello scrivere almeno cinque caratteristiche personali positive che si apprezzano di sé, come la pazienza, la resilienza, la creatività o l’affidabilità. Questi aspetti, spesso dati per scontati, rappresentano quelle caratteristiche che rendono unici e di valore, per se stessi e per gli altri.

 

3. Accettare le proprie imperfezioni

La perfezione non esiste, e inseguirla può diventare logorante. Gli errori non definiscono il valore di una persona, ma possono diventare strumenti di crescita, se vissuti come occasioni per comprendere, imparare e migliorare. Accettare le proprie imperfezioni significa riconoscere la nostra dimensione ’umana’, ciò che rende autentici e più vicini agli altri.

 

4. Imparare a dire “no” in modo assertivo

Dire sempre di “sì” può derivare dal bisogno di approvazione, ma alla lunga compromette il benessere personale. Imparare a stabilire confini e a dire “no” quando necessario è un atto di rispetto verso i propri bisogni e i propri limiti.

L’assertività non significa essere egoisti, ma sapersi esprimere in modo chiaro e rispettoso. Un “no” motivato, detto con fermezza e gentilezza, rafforza l’autostima e la qualità delle relazioni.

 

5. Un aiuto professionale può fare la differenza

Percorsi di psicologia o di coaching possono offrire un supporto prezioso nella ricostruzione o nel rafforzamento dell’autostima.

Il confronto con un professionista aiuta a individuare i blocchi interni ed i pensieri limitanti, rielaborare esperienze passate e sviluppare nuove modalità di pensiero e di azione, che migliorano l’efficacia dei propri comportamenti nella vita ed il proprio benessere.

Dipendenza affettiva: quando l'amore diventa una gabbia

La dipendenza affettiva è una dinamica relazionale complessa, in cui il legame con l’altro diventa la fonte primaria di identità, di sicurezza e investimento affettivo, al punto da far dipendere da esso il senso del proprio valore personale. Chi ne è coinvolto tende a vivere la relazione come indispensabile per il proprio equilibrio emotivo, per la propria realizzazione e felicità, sviluppando un attaccamento morboso e disfunzionale nei confronti del partner, che può compromettere in modo significativo il proprio equilibrio psicologico.

 

Come si manifesta la dipendenza affettiva

La dipendenza affettiva si manifesta all'interno della relazione di coppia come un bisogno costante del partner. Il legame con l’altro diventa così centrale da compromettere l’autonomia emotiva, l’identità personale e, spesso, il benessere psicologico di chi la vive.

Chi ne è coinvolto tende a investire nel rapporto in modo totalizzante, rendendo il partner l’unica fonte di sicurezza, conferma e significato. La relazione, in questi casi, non è più uno spazio di scambio reciproco, ma diventa una sorta di “ancora di salvezza” da cui dipende il proprio senso di stabilità e valore personale.

Il bisogno costante dell'altro è spesso accompagnato da:

  • paura dell'abbandono
  • bassa autostima
  • idealizzazione del partner
  • difficoltà a tollerare la distanza e l'autonomia reciproca

In questo tipo di relazione, la persona tende a sacrificare i propri bisogni e confini pur di mantenere il legame, anche quando questo diventa insoddisfacente o fonte di sofferenza.

Non si tratta di “amare troppo”, ma di confondere l’amore con il bisogno, spesso in risposta a vissuti emotivi passati non elaborati.

Dinamiche ricorrenti nelle coppie con dipendenza affettiva

All’interno di una relazione caratterizzata da dipendenza affettiva, si possono osservare alcune dinamiche disfunzionali ricorrenti:

  • Fusione emotiva: i confini tra sé e l’altro diventano labili. I bisogni, le emozioni e le scelte dell’altro vengono interiorizzati come propri, con difficoltà a distinguere i due mondi individuali e a dare spazio alle proprie esigenze e desideri personali, nella completa confusione e identificazioni dei propri con quelli del partner.
  • Paura dell’abbandono: la relazione è spesso permeata da un’ansia costante di essere lasciati o rifiutati. Questo può portare a richieste continue di rassicurazione, a comportamenti controllanti o, al contrario, a una sottomissione silenziosa per la paura di “perdere” l’altro in caso di dissensi.

  • Idealizzazione e svalutazione: il partner viene idealizzato e percepito come l’unica fonte di benessere possibile. Quando però non risponde ai bisogni affettivi in modo perfetto o immediato, può essere vissuto con rabbia, delusione o senso di vuoto profondo, virando verso stati di tristezza profonda, permeata dall'ansia di abbandono.

  • Ciclo vittima-salvatore: spesso si alternano ruoli di accudimento e bisogno. Un partner può assumere la posizione di “salvatore”, mentre l’altro si percepisce come fragile o dipendente. Questa alternanza può cronicizzarsi, generando una dinamica difficile da interrompere e portando al rafforzamento di una dipendenza totalizzante dall'altro.

  • Rinuncia di sé: pur di mantenere la relazione, si arriva spesso a mettere da parte desideri, valori, spazi personali. L’armonia di coppia viene perseguita a discapito dell’autenticità e identità personale, con una perdita di contatto con i propri bisogni più profondi, difficilmente riconosciuti ed espressi.

Costruire relazioni più sane e libere dalla dipendenza

Uscire dalla dipendenza affettiva non significa smettere di amare, ma imparare a farlo in modo più libero, autentico e reciproco, senza prdere il contatto con se stessi, con i propri bisogni e desideri.

Un percorso psicologico di supporto può aiutare a:

  • ritrovare la propria identità personale all’interno della coppia, imparando a stare in coppia senza annullarsi
  • sviluppare un senso di sé stabile e non dipendente dal riconoscimento dell’altro
  • riconoscere i propri bisogni e le proprie emozoni imparando ad esprimerle in modo autentico e assertivo, senza il timore che questo possa causare rifiuto o abbandono

Non posso… finché”                Quando il senso del dovere preclude il benessere

Frasi come “mi rilasso quando avrò finito tutto” o “penserò a me quando i figli saranno grandi” esprimono una convinzione profonda: il dovere prima di tutto, il piacere solo se resta spazio. Ma spesso, quello spazio non arriva mai in un rimando continuo della gioia o della 'ricompensa'.

Alcune persone interiorizzano l’idea che ci si debba sempre “guadagnare” il riposo o la felicità, mettendo in secondo piano i propri bisogni e la celebrazione dei piccoli successi, attendendo sempre un qualcosa 'di più' che la legittimi.

Quando il dovere prende il sopravvento

Questa visione, spesso interiorizzata nei contesti educativi o familiari dell’infanzia, può condurre a conseguenze significative nel modo di vivere l’età adulta, tra cui:

  • l'emergere di un senso di colpa ricorrente ogni volta che ci si concede una pausa o un’attività percepita come “non produttiva”

  • la tendenza a trascurare i propri bisogni emotivi e desideri personali, soprattutto se legati alla leggerezza, al piacere e al tempo libero

  • lo sviluppo di uno stile di vita altamente “funzionale”, ma privo di spazio per l’esperienza emotiva autentica

  • la percezione di una sensazione crescente di vuoto, affaticamento emotivo e insoddisfazione generale, sebbene cognitivamente tutto 'funzioni' e 'si vada avanti'

Rimettere in equilibrio doveri, bisogni e desideri profondi

Assumersi impegni e doveri è parte della vita adulta.
Il problema nasce quando il senso del dovere diventa totalizzante, escludendo completamente il diritto alla cura di sé, al piacere e alla leggerezza.

Il benessere non è un premio da conquistare, né un lusso da concedersi “quando tutto sarà sistemato”. La gioia e il prendersi cura di sé non possono essere rimandati a un futuro incerto o indefinito, perché sono elementi fondamentali per il nostro benessere mentale ed emotivo.

Anche piccoli momenti quotidiani di piacere e di attenzione verso sé stessi rappresentano autentici atti di cura, preziosi per rigenerare le energie interiori. Questi spazi di benessere ci permettono di “ricaricarci” e di affrontare con maggiore forza, chiarezza e resilienza i doveri e le sfide che la vita ci presenta ogni giorno.

Riscoprire se stessi e darsi spazio

Rivolgersi ad un professionista per un percorso psicologico, può aiutare a:

  • riconoscere il proprio valore anche al di fuori dell’“essere utili”
  • dare legittimità al riposo, al piacere e al desiderio
  • sciogliere il senso di colpa legato allo “scegliere per sé”
  • imparare a vivere il tempo non solo per produrre, ma anche per sentire e nutrirsi

''Oggi va tutto bene ma... domani?'' Quando l'ansia anticipatoria ostacola il presente

A volte, anche nei momenti di calma o di benessere, qualcosa dentro si muove: una preoccupazione sottile, un senso di allerta, il pensiero che la serenità non durerà.

L’idea che, in fondo, qualcosa potrebbe andare storto.

È una sensazione nota a molte persone: tutto sembra andare bene, eppure una parte interna fatica a fidarsi, come se ci fosse sempre una “minaccia futura” in agguato.

Questa esperienza ha un nome: ansia anticipatoria.

Quando la mente corre avanti

L’ansia anticipatoria nasce dal tentativo (illusorio) di prevedere e controllare ciò che ancora non è accaduto.

È una forma di preoccupazione rivolta al futuro che può diventare invadente: impedisce di vivere il presente con serenità e toglie spazio a emozioni come la gioia, la gratitudine o il senso di soddisfazione.

Pur avendo una funzione protettiva, come quella di prepararsi a possibili difficoltà, può facilmente trasformarsi in un meccanismo che consuma energia, alimenta il dubbio costante e logora l’equilibrio emotivo.

Quando l'ansia diventa pervasiva e limitante

Nei casi più intensi, l’ansia anticipatoria può diventare pervasiva e generalizzarsi, coinvolgendo molteplici aspetti della vita quotidiana. Questo stato di allerta costante può alimentare pensieri ricorrenti e intrusivi, spesso difficili da controllare, che generano ulteriore ansia e preoccupazione.

In alcuni casi, l'ansia generalizzata e persistente può sviluppare dinamiche ossessive che, compromettendo la serenità mentale, interferendo con il sonno, con la concentrazione e la vita relazionale, possono intaccare la qualità di vita delle persone.

Il bisogno di controllo e la difficoltà di affidarsi alla vita

Coltivare il senso di responsabilità è sano e necessario. Ma quando il bisogno di “prevedere tutto” diventa assoluto, l’incertezza della vita viene vissuta come una minaccia, anziché come una parte naturale dell’esistenza.

Non poter avere il pieno controllo su ogni evento non è un segno di debolezza, ma una realtà umana condivisa ed inevitabile. Accettare questa dimensione non significa arrendersi, ma trovare nuovi modi per adattarsi e affrontare l’imprevedibile, senza esserne sopraffatti, sviluppando la capacità di resilienza.

Vivere nel 'Qui e Ora' del presente

L’ansia per il futuro non può essere completamente eliminata, ma può essere contenuta e ascoltata con maggiore lucidità.

Un percorso psicologico può offrire strumenti preziosi per affrontare l'ansia da anticipazione, in modo più consapevole e sostenibile, aiutando a:

  • sviluppare fiducia nella propria cpacità di affrontare e sapere adattarsi alle situazioni di vita impreviste o complesse
  • imparare a stare nel presente "con quello che c'è", senza avere tutte le risposte per il domani
  • riconoscere e regolare il senso di allerta, imparando a distinguere tra rischio reale e paura anticipata
  • sviluppare la capacità di resilienza, prendendo contatto con le proprie risorse interiori ed esteriori
  • legittimare e rafforzare emozioni positive come piacere, calma, soddisfazione, che aiutano ad affrontare le difficoltà e gli imprevisti con un orientamento positivo

Il mio capo ce l’ha con me...”            Quando la relazione con il superiore mina il benessere sul lavoro

In ambito lavorativo può accadere di sentirsi sotto pressione, poco valorizzati o addirittura presi di mira da un superiore.

Un capo che critica frequentemente, che sembra ignorare i risultati raggiunti o che riserva attenzioni positive solo ad alcuni colleghi, può generare una profonda insicurezza, minando motivazione e benessere.

Anche in assenza di comportamenti apertamente scorretti, alcune dinamiche relazionali possono attivare emozioni di frustrazione, rabbia, senso di ingiustizia o inadeguatezza, con un impatto significativo sulla qualità della vita lavorativa.

Non sono solo i fatti a ferire, ma il loro significato

Spesso non è solo ciò che accade all’esterno a provocare sofferenza, ma il significato che viene attribuito a quell’evento.

Fin dall’infanzia si costruiscono schemi di pensiero, credenze e aspettative che formano un vero e proprio “filtro interno” attraverso il quale viene "letto" e dato significato al mondo.

Quando questo filtro si struttura in credenze disfunzionali (ad esempio, la convinzione di dover sempre 'dimostrare' il proprio valore per essere accettati e dover essere riconosciuti dagli altri per avere valore), può portare ad interpretare comportamenti ambigui o distanti come segnali di rifiuto o disapprovazione, generando vissuti emotivi sproporzionati o ricorrenti, che potrebbero discostarsi dalla situazione reale vissuta da chi, in effetti, ha scaturito quei segnali.

Riconoscere i pensieri disfunzionali

Molte delle sensazioni di disagio vissute nel presente nascono da pensieri automatici e irrazionali, spesso inconsapevoli.

Questi pensieri influenzano il modo in cui si percepisce la realtà e possono diventare vere e proprie trappole cognitive, che alimentano il malessere e rendono difficile distinguere tra ciò che è reale e ciò che è frutto di una interpretazione distorta.

Nei casi in cui non è possibile modificare l’atteggiamento del capo o dell’ambiente lavorativo, si uò modificare il modo in cui ci si relaziona a quelle dinamiche, ritrovando equilibrio e rafforzando la capacità di affrontare situazioni sfidanti, senza mettere in discussione il proprio valore.

Quando il cambiamento inizia da dentro

Attraverso un percorso di psicoterapia è possibile:

  • riconoscere le dinamiche relazionali che attivano insicurezza, rabbia o demotivazione, comprendendo come esse risuonano a livello personale e identitario
  • esplorare le origini di alcune credenze disfunzionali e comprendere come si sono strutturate
  • ridefinire il proprio ruolo nelle relazioni professionali, sviluppando assertività e stabilità emotiva
  • imparare a distinguere tra ciò che accade e il modo in cui viene interpretato
  • recuperare un senso di autoefficacia e proteggere il proprio benessere anche in ambienti lavorativi complessi, stabilendo i confini e i limti per la tutela del proprio equilibrio psicofisico